Perché il 17 settembre è uno spartiacque della storia. Le ripercussioni dell’attacco hitech israeliano
Avete presente quando cascate in una pozza e non riuscite a tirarvi fuori? Non siete giù né su, restate a mezzavia. Così, ci sono momenti in cui pare d’essere sospesi tra passato e futuro, dentro una buca temporale, una piega del tempo come quelle vaticinate da Einstein. Martedì 17 settembre sembrava d’essere caduti in un buco così, finiti in una crepa del tempo. Nessuno sentiva la parola cercapersone da decenni, prima che saltasse fuori dalle pieghe del passato, dagli anni ‘80. Nessuno immaginava che qualcuno potesse farti esplodere così, per strada, con un semplice bip. Certo, al cinema e nelle spy story il botto col trucco era di casa, i file wikileaks l’avevano predetto – e chi li aveva resi noti, Assange in primis, l’ha pagata cara – ma era appunto cinema, fiction, cose di là da venire. Da questo giorno la finzione è diventata realtà, il futuro ci è piovuto addosso col botto di tre grammi d’esplosivo Petn celato nelle batterie. Poco importa il resto, da ieri è un’altra storia.
Migliaia di miliziani Hezbollah sono rimasti feriti, accecati e mutilati, e alcune decine sono morti nel primo attacco domotico della storia, in Libano e in Siria. Anche l’ambasciatore iraniano a Beirut, evidentemente parte della linea di comando tra i miliziani e Teheran, ha perso un occhio. Militarmente parlando, è stato un successo senza precedenti. È bastato un drin, una vibrazione e ogni combattente in grado d’imbracciare un’arma, oltre a svariati civili, non è più in grado di farlo. A completare l’operazione d’intelligence, il giorno dopo, sono esplosi pure le radio e i telefoni in mano ai miliziani residui, a qualcuno pure l’auto e la televisione, riportano i media libanesi. A finire l’opera, da quel giorno missili e bombardieri – ma questa è prassi consolidata – con la stella di David martellano i centri di comando e accoppano i pochi sopravvissuti con colpi mirati. Beirut già pregusta l’apocalisse. In Giordania pure, vanno per le spicce, con operazioni neanche tanto chirurgiche e i cadaveri dei resistenti palestinesi buttati giù a mucchi dai tetti di quei carnai dei campi dove sono ammassati i profughi. Cosa che ha fatto qualche scalpore e sollevato timide proteste dal responsabile dei diritti umani all’Onu, subito zittito dal rappresentante israeliano. A Gaza, com’è noto, vanno ancora più per le spicce, anche se alla tabula rasa manca qualche pezzo, ma che non si parli di genocidio, per carità. Tantomeno di violazione dei diritti umani o di terrorismo di stato.
Ma torniamo ai cercapersone. Chi li abbia messi in grado di esplodere e come, quale società abbia agito e per conto di chi, è fuffa che impazza sui grandi media, interessa ai gazzettieri che vigilano solerti per svelare l’arcano, trovare il colpevole. Tutti lo sanno ma nessuno lo dice apertamente, il Mossad tace e fa bene, tutto questo vociare è fastidioso come le mosche e fa altrettanto danno. Neanche lo farà Nasrallah, leader degli Hezbollah, che anni fa aveva comandato ai suoi d’usare i cercapersone invece dei telefonini, più rintracciabili e vulnerabili ai marchingegni della Cia, senza sapere che li mandava al macello. Gli occhi e le orecchie di Sion erano ben vigili e vispi, sempre un passo avanti. Che minacci sfracelli è un rito d’obbligo, mentre i suoi cadono come le mosche. Né interessa più di tanto sapere perché Israele abbia deciso di venire allo scoperto ora, con un’arma tanto radicale. Gli analisti si scervellano. Forse in previsione d’un attacco finale in Libano, già iniziato? Far piazza pulita d’ogni fastidio nell’intero Medio Oriente? La spallata finale al nemico iraniano, che piglia mazzate un giorno sì e l’altro pure? Certo, i razzi continuano a cadere in Galilea, una base dei servizi israeliani è saltata poco distante da Tel Aviv, ma la lotta è impari, il conflitto asimmetrico. Pietre contro bit. Il fastidio è pari a quello delle mosche, prima d’essere schiacciate. Niente di nuovo. Il fatto vero, storico, è un altro.
Tutto quanto circuita un impulso elettrico può essere un’arma. Da anni. Dal tostapane allo scaldabagno, dall’auto al forno di casa. Per non parlare di telefonini e pc. Tutto può esplodere, comandato a distanza, simultaneamente e senza lasciare traccia, e ovviamente senza colpevole. Il delitto perfetto. Se non è terrorismo questo, cosa lo è? Se non è terrore ciò che ti spinge a guardare con sospetto pure il tostapane e la lavatrice di casa, cosa lo è? Eccolo il salto, qualitativo e quantitativo, che la storia non solo militare ha fatto martedì 17 (scaramanzia dei numeri) settembre 2024. Uno spartiacque della storia, al pari del quale l’11 settembre di 23 anni fa impallidisce. Per inciso, l’attacco domotico, il botto a distanza fanno riflettere, se ce ne fosse ancora bisogno, su come sia andata davvero quel giorno, chi abbia mosso la cloche degli aerei o fatto saltare a capocchia le cinture esplosive dei terroristi nell’ondata degli attentati islamici successiva. Ma qui si scivola nel terreno sdrucciolo del complottismo. Parolina fuorviante, oltreché fuorviata, del mondo nuovo.
Restiamo al sodo. Uno stato utilizza il proprio strapotere tecnologico per distruggere i suoi nemici e seminare il terrore. Lo fa invocando il suo pieno diritto alla difesa, mascherandosi dietro la trita storia dell’olocausto. Nella convinzione, condivisa e veicolata dal potere reale e mediatico mondiale, di essere nel giusto. Addirittura, di operare nel solco e per il bene della libertà, della democrazia. Storia anch’essa trita, ritrita. La novità è che da oggi siamo, consapevolmente, tutti obiettivi. Non solo iperscrutati, vigilati, terrorizzati. No, proprio obiettivi da far saltare o menomare al momento giusto. Ma noi non siamo palestinesi o libanesi, siriani o yemeniti, si dirà. Per ora. Domani chissà, basterà disturbare il padrone, il potente di turno e drin. Benvenuti nel mondo nuovo che più nuovo non si può. E tutto questo nel nome della libertà, a ricordo della shoah per cui s’annunciano nuovi olocausti. Israele e i suoi amici (o servi?) potenti possono tutto. Colpire nel mucchio, in mezzo ai civili e in qualunque luogo, e restare nel giusto. Dio guida il popolo autoeletto a suo protetto e Netanyahu è il suo profeta. Chesterton diceva che quando si smette di credere in Dio si comincia a credere a tutto. Irridiamo ai complottisti e ai terrapiattisti, ma crediamo a ogni altra favola, zitti e buoni. Con l’occhio alla lavatrice.
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