L’eroe degli immondi Le parole sono pietre

L’eroe degli immondi. Aveva questo cartello appeso al collo il fantoccio di Garibaldi bruciato davanti a una discoteca di Vicenza, lo stesso giorno in cui la Camera ha approvato il federalismo municipale. Se su quest’ultimo – «una bestemmia», per il presidente della Corte costituzionale Ugo De Siervo – il conflitto stato-regioni è aperto, il Garibaldi bruciato merita almeno qualche parola. Non tanto per il generale silenzio che ha accolto l’improvvisato rogo, nel frastuono del 150esimo dell’unità e nella certezza che il 17 marzo sarà festa di parte e non di tutti. Non dei leghisti puri & duri, veneti come d’altrove, presenti al focherello antiunitario con una degna rappresentanza: 200 persone, tra cui numerosi consiglieri comunali, provinciali e regionali della Lega Nord e della Liga Veneta, registra il Giornale di Vicenza.

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, pur dicendosi “venetista” convinto ha precisato di non voler minimizzare l’accaduto: «Bruciare una sagoma è un segnale a cui stare attenti. Non bisogna trasmettere messaggi sbagliati ai giovani». Più caustico Giorgio Roncolato, consigliere comunale leghista di Arzignano e membro di Radici venete, l’associazione che ha acceso il falò: «Garibaldi era un bandito vissuto di espedienti e ladrocini, i Mille un’accozzaglia di sbandati e predoni».  O quello di Bortolino Sartore, proprietario della discoteca Hollywood, teatro del rogo: «Garibaldi era un mercenario che non amava i veneti».

Infatti, se ne partì da Roma occupata dai francesi per accorrere in aiuto di Venezia che ancora resisteva agli austriaci, nel 1849, perdendo quasi tutti i suoi per strada e pure Anita, nel Comacchio, a un passo dall’impresa. Ma tant’è. La storia fai da te è una coperta corta, ognuno può tirarla come gli pare e qualcuno resta col didietro scoperto. L’eroe dei due mondi poteva forse risparmiarsela, quella traversata, come l’altra al Mezzogiorno, vista tanta riconoscenza. Ma senza di lui l’Italia non si sarebbe fatta, né male (come s’è fatta) né mai. E questo, un secolo e mezzo dopo, ancora non va giù a chi brucia il suo fantoccio, come a suo tempo facevano borbonici, savoiardi e austriacanti.


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