Chissà che rodimento, per Salvini, aldilà dei sorrisetti vacui e delle spavalderie di rito. Chissà che giramento, a vedere l’Umbria ubertosa, una delle regioni più rosse d’Italia, tutta coperta di blu. Se non gli avessero tarpato le ali quei frombolieri in Parlamento, ma soprattutto se la sua dabbenaggine politica non l’avesse fatto cadere dal seggiolone, al posto di quell’unica regione priva di mare ora avrebbe nelle mani l’intero paese. Poco male, gongola magari il reuccio leghista: è solo questione di tempo perché le urne gli restituiscano il maltolto. Tre anni non sono poi tanti, eppoi volete davvero che questo pateracchio giallorosa, o meglio fucsia, duri davvero fino a fine mandato, fino al ‘23? Una a una, il terribile Matteo e la sua armata Brancaleone dove c’è spazio pure per il redivivo Cavaliere occuperà ogni regione un dì rossa. A partire dall’Emilia già rossissima, prossima tornata elettorale di fine gennaio e perla da infilare nel carniere leghista, prima di salire bel nuovo a Palazzo Chigi, con buona pace di Mattarella. E pazienza se oltre che a twittare qualche scemenza e farsi spernacchiare Oltralpe poco potrà, capace com’è d’essere sì capopopolo ma non leader politico di qualche vaglia. Eppoi l’Europa vigila, il Bilderberg manovra, il buon Matteo s’atteggi pure a novello Masaniello, cuocia nel suo brodo ché la flotta hispanica vigila in rada e la Russia è lontana.
E veniamo a quegli altri, allo sprofondo fucsia. Una ne perdono e cento si preparano a perderne. Il test umbro ha mostrato, al di là d’ogni ragionevole dubbio, che la rappezzaglia diessina-grillina è finita. Che i Cinquestelle sono finiti, e non è una buona notizia. Il moto di popolo che poteva far uscire il paese dal baratro, ha fallito. Il leader grillesco s’è rivelato alla fine quello che è: neanche un capopopolo, un capocomico che davanti ai fischi chiude il baraccone e abbandona i malmostosi. La gente può perdonarti incapacità e ignavia ma se stracci l’unica bandiera che hai, la lotta al malaffare e a certi poteri, con un voltafaccia record negli annali della Repubblica, non la passi liscia. Quanto a Conte, può già fare le valige, a Bruxelles terranno conto dei suoi buoni uffici.
Poco importa quanto durerà questo governo, questa forzosa alleanza contro il comune nemico: l’assicella Pd-5S è andata in frantumi. È un cavallo stramazzato col suo cavaliere che scalcerà ancora, facendo danni, al suono della campana a morto. Il suo destino è bell’è segnato. La funzione storica dei pieddini, esaurita da un pezzo, si somma alla finzione storica dei Cinquestelle, macerata prima d’inverarsi. Anche se il cavallo dovesse sgroppare il cavaliere, come avverrà nelle prossime tornate elettorali, cadranno assieme. O, peggio, vivacchieranno in forzosa coabitazione come certe vecchie coppie che solo l’odio e l’interesse tengono assieme. Quanto ai figli, beh, pover’italioti. Orfani d’ideali, privi di solido mancorrente come d’una via di scampo, basterà un qualunque nano a stagliarsi nel tramonto del Belpaese perché sembri l’ombra d’un gigante. Dio ci salvi dal reuccio.
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