C’erano una volta gli aruspici Etruschi, ma anche italici, Sabini eccetera. Divinavano, vi squadernavano davanti un fegato e, oplà, sapevate quel che sarebbe successo negli anni a venire. I più arditi s’erano spinti a predire la fine della loro civiltà. Mill’anni sarebbe durato il nomen etruscum, poi i Rasna – come i Tirreni venuti dalla Lidia chiamavano sé stessi – si sarebbero estinti. Sarà stato per questo, dicono, che non opposero resistenza ad oltranza ai Romani che li fagocitarono, come altri. Tutto era già scritto, inutile darsi pena più di tanto. Tutto pare già scritto anche in tempi più prossimi ai nostri, e con personaggi di ben altra caratura. Prendi Asterix il gallico, per esempio.
Quel simpatico piccoletto che da oltre un cinquantennio a questa parte mena ogni Romano che gli capita a tiro, in compagnia dell’amico Obelix. Il compagnone un po’ tardo che smercia Menhir ed essendo caduto nel pajolo della pozione magica da piccolo non ha bisogno d’imbeverarsi di magia per suonarle ai romani. Chiunque abbia superato il mezzo secolo s’è imbattuto almeno una volta, restandone folgorato, in uno dei magnifici albi colorati ideati dal duo Goscinny & Uderzo nel lontano 1961, proseguiti alla loro morte da Jean Yves Ferri e Didier Conrad. Anche i meno anziani conoscono le avventure dei nostri eroi e del piccolo villaggio gallico che in Bretagna resiste all’espansione di Roma, grazie a film e cartoni tratti dalla serie a fumetti. I tanti estimatori hanno ora motivo in più per apprezzare le avventure del piccolo gallo: le sue capacità divinatorie.
Prendi l’albo numero 37, per esempio: Asterix e la corsa d’Italia, sfornato nell’ottobre 2017. Nota bene: 2017. Un guazzabuglio di trovate dove i nostri eroi si ritrovano a girare l’Italia per una corsa di carri da Modicia (Modena) a Neapolis (Napoli). E dove, tra Gioconde, ribelli umbri e osti della malora compare pure il buon Berlusca, nei panni del ricco commerciante di garum sponsor della corsa. Ma Berlusconi è cosa nota, si dirà, persino sorpassata. Esatto. Meno noto e tantomeno superato era (è) il personaggio che compare a pagina 15. Si tratta dell’invincibile Coronavirus che, col fedele Bacillus, scorrazza per l’Italia rischiando di vincere la partita. Meno male che ci sono i galli a sventare il perfido piano. Al nostro non manca una bella maschera gialla dai tratti orientali, diremmo cinesi. Ohibò.
Non mancano, nella storia del fumetto, altri esempi divinatori. Si veda l’albo di Metropoli, edito da Autonomia Operaia, che raccontava la vicenda Moro in modalità ignote ai più, o le profezie di casa Simpson, in tempi più recenti. Ma qui si tratta di Mr Trump e Lady Gaga, robetta. Con Asterix siamo oltre la previsione. Sembra quasi di toccare con mano un bel fegato sanguinolento. I soliti complottisti non possono fare a meno di rievocare l’allegro tweet del 2014, in cui l’allora ministro della sanità francese commentava con malcelato orgoglio l’apertura, a Wuhan, d’un laboratorio virologico d’eccellenza, in tandem col governo cinese e sotto controllo Oms. https://mobile.twitter.com/pdchina/status/500497719136636928?s=21
O il comunicato, del 2015, in cui altrettanto orgogliosamente la fondazione Bill & Melinda Gates annuncia urbi et orbi d’aver finanziato con la bella cifra di 65 milioni di dollari l’Istituto Pirbright, depositario del marchio del coronavirus, al fine d’individuare un vaccino. Per non dire del convegno ad hoc sull’epidemia, all’ordine del giorno al forum di Davos del 2018. Facile dire che la pandemia, comunque vada, è una bella mazzata per l’economia cinese e globale, a vantaggio degli Usa e dei loro compari. Meglio credere, come i favolisti, al virus portato da un serpentello, o da un pipistrello. Forse la soluzione al vaticinio l’ha data un mio studente. «Ah professò, embè? Se vede che chi ha fatto il virus ha letto Asterix». Come sempre, al nocciolo della verità c’è l’ovvietà. Asterix, il gallo. Un francese, ca va sans dire.
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