Una notte di novembre di trent’anni fa, giorno più giorno meno, veniva giù un muro. Il muro della vergogna, era stato ribattezzato, e divideva non solo materialmente Berlino e la Germania ma idealmente l’Europa, divisa in blocchi, il mondo della guerra fredda.
C’era una volta l’Altra America. Era il giardino di casa Usa, dove fin dai primi dell’800 il presidente Monroe disse che nessuno oltre agli stessi Usa doveva mettere il naso, con l’omonima dottrina.
È un pezzo di storia dell’arte, e di storia in quanto tale, la mostra su Cagli a palazzo Cipolla, nella centralissima via del Corso.
C’erano una volta le rivoluzioni colorate. Democratiche, spontanee. Dovevano aprire la strada alla libertà nei paesi dell’Est, eliminando uno a uno tristi despoti sopravvissuti al tracollo del comunismo, da Belgrado a Kiev, col marchio di qualità serbo Octopor e il mancorrente Cia.
È di qualche tempo fa la notizia della prima bambolina genderfree in commercio.
Chissà che rodimento, per Salvini, aldilà dei sorrisetti vacui e delle spavalderie di rito. Chissà che giramento, a vedere l’Umbria ubertosa, una delle regioni più rosse d’Italia, tutta coperta di blu.
Aveva sette vite – privilegio che un tempo s’accordava ai gatti – ma alla fine anche l’ultima l’ha lasciato.
C’è una storia, vecchia come il cucco, però vergine. Antica come il mondo, ma tutta da scrivere.
Era l’87 quando l’Unione Sovietica celebrò il settantennale della rivoluzione d’Ottobre con una gran parata sulla piazza Rossa.
Come in un settembre di quasi vent’anni fa, in Arabia Saudita il terrore viene dal cielo e non si sa chi lo porti, ma non servono più martiri o eroi. Solo droni senza padroni e con molti padrini