Day of destiny, il giorno del destino, titolavano stamattina all’unisono il Guardian e lo Scotsman. Ma era meglio la prima del Metro londinese: Should auld acquaintance be forgot. Un titolo che, tradotto all’italiana, suona più o meno così: la nostra vecchia storia finirà? Niente di tutto questo, assai probabilmente. E mentre persino l’immarcescibile Elisabetta II scende in campo – gli elettori sanno cosa fare, solomonizza...
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L’eroe degli immondi. Aveva questo cartello appeso al collo il fantoccio di Garibaldi bruciato davanti a una discoteca di Vicenza, lo stesso giorno in cui la Camera ha approvato il federalismo municipale. Se su quest’ultimo – «una bestemmia», per il presidente della Corte costituzionale Ugo De Siervo – il conflitto stato-regioni è aperto, il Garibaldi bruciato merita almeno qualche parola. Non tanto per il generale silenzio che...
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Frida Kahlo tra arte, amore e rivoluzione: un pamphlet di Stefania Bonura racconta l’artista
Alzi la mano chi, dopo i gorgheggi del protodiacono Tauran, quando il nuovo papa s’è avvicinato alla finestra con quel fare attonito, dimesso, con quel sorriso piallato sul volto scarno, non è stato preso dal dubbio che volesse lasciarsi andare nel vuoto. Abbracciare la folla dei fedeli calmanti o, più semplicemente, finirla lì, prima di cominciare. E invece buonasera, se l’è cavata con poco, papa Francesco...
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Alla fine tsunami è stato, ma molti non se ne sono accorti. Come quei bambini a cui è stata fatta tanaliberatutti ma, infognati troppo distanti dal muro di conta, continuano a giocare a nascondino. Così, nel salotto delle anime belle, per commentatori a progetto spaesati e jene ridens a contratto, quello del 25 febbraio non è stato un terremoto politico – il più grande dal ’48,...
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Chissà che gli ha detto Dio, alla fine, quando se lo è trovato davanti. Lui che l’aveva trattato a pezze in faccia fino all’ultimo libro, quel Caino appena edito da Feltrinelli che è l’ultimo suo capolavoro, accusandolo d’essere peggio del peggiore degli uomini. Caino, appunto. Un poverocristo come tanti.
Neanche il tempo d’aprire il terzo fronte di guerra made in Usa e se ne spalanca un quarto. Mentre sulle piane tra il Tigri e l’Eufrate sventolano, lasche e flosce, le star & strip delle libertà e i falchi del Pentagono svolazzano nel pantano afghano, le prime pagine dei tabloid nostrani e d’altrove staccano la presa dal sangue iraniano sparso sulle strade iraniane dai malvagi...
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Forse avevano ragione Chagall e Jacovitti a dipingere il mondo sossopra. Oppure è il carnevale a dare la stura a certi eventi. Altrimenti difficile risulta capire i passaggi di questi giorni sul federalismo, intrecciati alle notti di Arcore.
La vittoria del misconosciuto Olias Barco al festival di Roma impone qualche riflessione. Si parla di vittoria, e non di successo, per “Kill me please”, perché le cose sono e vanno tenute distinte. Ché al pubblico (poco) plaudente e a tratti ridente che gli ha preferito In un mondo migliore della danese Susanne Bier, spetta l’ultima voce in sala.