Presentata al Mibact la Quadriennale d’arte di Roma. Una scommessa da vincere, aspettando la rinascita
Fuori. Ha un titolo da saldi estivi la Quadriennale d’arte annunciata al Mibact. Fuori da tutto: schemi, generi, confini, discipline, come ha spiegato con un siparietto, quasi una performance a sé, il duo dei curatori, Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol. Da tutto fuorché dai tremori del coronavirus, con la presentazione in streaming e maschera e socialmente distanziati nella sala antistante la vecchia biblioteca nazionale del regno, sotto lo sguardo arcigno di sua maestà Vittorio Emanuele II, padre d’una patria piuttosto malmessa.
La Quadriennale che s’aprirà al Palaexpo di Roma dal 29 ottobre al 17 gennaio 2021 è la numero 17 ma questo non figura nella presentazione, forse per ragioni scaramantiche. E d’essere scaramantica la rassegna nata romana che si vuole internazionale ha ben ragion d’essere, visti i malatempora correnti che ne hanno sforbiciato l’iniziale dotazione di 2 milioni di euro del 10%. Perdite tutto sommato limitate, grazie ai “donors”, come s’usano definire ora gli sponsor, che hanno preso il posto dei fondi ministeriali. Umberto Croppi, presidente della Quadriennale, l’ha ribadito assieme al fatto che quello che s’aprirà nei saloni del palazzo delle Esposizioni sarà, bene o male, l’unico evento d’arte in campo internazionale nella prossima stagione. Incrociamo le dita. Ma guai a dirla contemporanea, ché tutta l’arte in mostra lo è, ha sottolineato l’ex assessore alla Cultura di Roma che non ha mancato di encomiare l’apparizione di Giovanna Melandri, sua omologa al Maxxi, a riprova del nuovo spirito collaborativo tra le istituzioni culturali e forse anche per sottolineare l’assenza di figure istituzionali capitoline di rilievo in un evento d’arte che si richiama a Roma.
Ma bando a perplessità e scaramanzie, diamo i numeri. Dei denari necessari all’evento s’è già detto; tre anni di lavoro sono stati necessari per trovare un filo e mettere insieme i 43 artisti presenti all’expò. Una carrellata dagli anni Sessanta all’oggi, per metà giovani (ma solo 14 under 35) e donne, come ogni mostra che si rispetti ai tempi del politicamente corretto. Non mancano vecchie glorie e nomi noti: due per tutte Monica Bonvicini e Micol Assael, presenze costanti alle recenti Biennali di Venezia. Ma la gran parte, due terzi, sono nomi ignoti ai più, alla loro prima apparizione all’evento. È questa la scommessa maggiore per una manifestazione che, pur nascendo sotto i fasti e l’ala protettrice del Littorio, da fiore all’occhiello del regime s’è via via trasformata in Cenerentola al cospetto d’altre principesse, rassegne d’arte d’altro rango. Divenuta soporifera e marginale, risucchiata nel vacuum contemporaneo e nella crisi di sistema, finché il buon Franceschini non ci ha rimesso mano e mancorrente, facendola risorgere come un’araba fenice dalle proprie ceneri.
Una resurrezione che per dirsi compiuta attende solo la nuova sede: quell’arsenale Clementino, già porto fluviale della capitale che potrà forse riportarla ai fasti del Ventennio. Intanto, aspettando la Quadriennale che sarà, godremo quella che verrà: «Una grande festa per l’arte italiana», promette la Cosulich. Sia pure in maschera, e rigorosamente distanziati. Info www.quadriennalediroma.org.
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