Una romana a Milano. Anche, un viaggio sentimentale nella città che l’ha vista esordire nella prima personale, all’abbrivio di un sessantennio d’attività. L’antologica di Giosetta Fioroni (Roma, 1932) all’ombra della Madonnina è questo: il tributo della città che l’ha vista esordire a un’artista eclettica ma con un chiaro filo conduttore. Vissuta quanto basta a coprire le correnti artistiche del XX secolo ma con un personale tributo ai frutti del secolo, nelle tante modalità espressive adottate nel corso degli anni, dalla tela alla ceramica.
I 700 mq al piano terra dell’Arengario, al Museo del ‘900 che la ospita, zeppi delle sue opere, s’aprono con Giosetta a nove anni, lunghe trecce e paltò, tenuta per mano dall’attuale. E non c’è biglietto da visita migliore per sottolineare il portato della sua arte, quel misto di memoria e sentimento che è alla base del suo agire artistico, declinato in una pluralità di temi e forme. Si parte dagli anni della formazione, sul finire dei ‘50, con opere che riprendono l’informale e sono legate ai tempi parigini, e si prosegue con le Diapositive di sentimenti – come le definì Goffredo Parise che dell’artista fu a lungo compagno, fino alla morte – del decennio successivo. Pitture sospese tra fotogrammi e tagli futuristi dove aleggiano le dame dei grandi artisti rinascimentali come le damine dei rotocalchi. Seguono gli argentei Paesaggi di luce, i Piccoli cimiteri del meraviglioso dove s’affacciano visioni domestiche della campagna veneta, dove la pittrice visse fianco allo scrittore, e i toni fiabeschi, altro tema caro all’artista, come pure i più tardi teatrini, in una messinscena del mostrare e mettersi in mostra che troveranno nelle serie fotografiche Senex e Altra ego, con Marco Delogu, la più compiuta espressione.
Non è solo un universo fiabesco e giocoso quello di Giosetta, ma popolato anche dai Mostri delle sue angosce, come nell’omonima serie della metà degli anni ’70, paure raccolte in una casellario degli orrori e del male di vivere. Ancora sentimenti, esplicitati su grandi disegni, sono al centro dei Movimenti remoti mutuati dal testo giovanile di Parise, mentre nell’ultima sala un trio di grandi tele conclude simbolicamente il percorso con le Trasformazioni e rami d’oro – dall’opera di Frazer – che coi loro rimandi al magico e al religioso chiudono concettualmente il viaggio sentimentale in mostra. Dove non mancano, va da sé, materiali d’archivio e documenti epistolari, sorta di lettere-dipinto a testimonianza di un sodalizio con i tanti amici artisti e scrittori, da Cy Twombly a Toti Scialoja, da Zanzotto a Montale, a Penna oltre che, ovviamente, allo stesso Parise. Accompagna e in un certo senso approfondisce la mostra, curata da Flavio Arensi ed Elettra Bottazzi, il catalogo Electa. Fino al 26 agosto, info museodelnovecento.org
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