Donaldone I alla prova dei fatti. La vocazione imperiale d’America e le paure dei probi progressisti
L’avevano dato per spacciato dopo la prima volta. Avevano detto che non gli avrebbero permesso di tornare in pista. Invece rieccolo, alla faccia d’inchieste, cecchini e bombaroli più o meno maldestri e a comando. Donaldone I è tornato con la sua corte di nuovi guitti e vecchi arnesi, e ne ha per tutti. La plebaglia sovranista e populista gongola – ma solo negli Usa – la riccaglia ecologista e globalista trema; il “deep state”, cioè quei nemmen pochi che se la comandano davvero e indirizzano le menti e i discorsi stanno a guardare ché tanto peggio di quel rimbambito di Sleepy Joe non c’è, eppoi il vecchio imperatore Trump stavolta torna buono pure a loro, chissà.
Che farà Donaldone I? Dichiarerà guerra alla Danimarca per occupare la Groenlandia, futuro sottosuolo di Bengodi, invaderà Messico e Canada? Unificherà l’America in un unicum a stelle e strisce, ponendo fine a ogni residuale differenza dalla patria della democrazia dell’hamburger? Abbandonerà i servi sciocchi d’Europa alle grinfie del perfido cosacco, dandogli in pasto l’ex fido Zelensky, il paladino delle libertà conculcate schiantato alla rotta di Kiev? Inizierà la guerra all’ultimo balzello col suo nemico dichiarato, il malfido imperatore giallo? Intanto l’impero eredita Il Medio Oriente unificato & riplasmato dalle sapienti mani di Bibi sotto la stella di David, senza manco più quei seccatori russi, sloggiati dall’enclave siriana. Per dar corda al suo buon amico il novello imperatore potrà mettersi nei panni del Magno Alessandro e sradicare l’impero del male da Teheran. Tenersi i pozzi babilonesi e lasciar fare al turco il lavoro sporco. Al bene e meglio non c’è fine.
Che farà Donaldone I? La domanda turba i sogni dei tecnocrati di Bruxelles, i servi sciocchi di ieri divenuti gregge belante oggi, terrorizzato dal cambio di rotta del padrone e dal suo bastone che sentono già rotear sulle gobbe. Ahi lazzaron Ursula & Macron, di quanto mal foste madri & padri con le vostri turlupinerìe fucsia e verdi. Adesso le gretarelle piangono come le madonnelle gender nei crocicchi televisivi, i profeti della rivoluzione green, sconquasso d’Occidente, temono l’onda grey. Soprattutto piangono i vertici Nato & Ue, uniti nella lotta, or che l’imperator minaccia il taglio dei fondi ai fidi. Fortuna che la perfida Albione, almeno lei, non demorde e promette armi & zecchini pei prossimi cent’anni a chiunque prosegua la lotta. Buon sangue imperiale non mente. E piange l’Oms che s’è già vista sforbiciare i fondi, rea dell’impostura pandemica e vaccinale, piaga di corpi e menti. Tanto ha Bill il mecenate a metter dindi e veicolar vaccini. Zuckerberg non piange, lui già s’è riallineato ai vessilli imperiali, e peggio per i cacciatori di finte bufale online lasciati allo sbando.
Intanto Donaldone premia i probi e bastona i cattivi, come si conviene al soglio imperiale. In prima fila attende la Melona, unica degna rappresentante del consesso d’Europa alla cerimonia d’incoronazione, posta a far capoccella tra l’ultime fila. E per portarsi avanti nel baciamano s’accatta pure lo Starlink muskiano, mettendo l’ultima chiacchiera patria all’orecchio del padrone. Forse è a lei, romana e figlia deforme del già risorto romano impero, che Musk ha indirizzato lo scattoso saluto a braccio teso che tanto ha scandalizzato le anime belle progressiste e causato il rigurgito d’odio sefardita allo scattosissimo Saviano che n’ha invocato la morte. Ah, saperlo, intanto godiamoci i peana dei sinceri democratici che paventano l’ascesa della nazioligarchia statunitense, come titolano senza pudore i gazzettieri del gran circo mediatico. Lindbergh e i suoi paladini hanno la loro rivincita, ottant’anni dopo, e non c’è manco uno Charlot a fargli il verso, un Hitler o un Mussolini da mimare, fuor da quello risibile di Scurati, il crociato dell’antifascismo da fiction.
Quel che i probi progressisti non vedono – e neppure gli altri – è la luna nerissima del presente, persi sulle dita tese e nere del passato. Qualunque cosa faccia, Donaldone I non verrà meno al destino imperiale del paese che si appresta a guidare per il prossimo quadriennio, salvo imprevisti. Il suo ritorno non sarà lieve, né un accidente temporaneo. La democrazia totalitaria è il fatto del III millennio, e nessuna finzione mediatica o buonista ne modificherà il segno. Trump ne marchierà col suo piglio l’Occidente, riunito sotto l’orbe imperiale, e al mondo multipolare resti il resto. Forse neppure a chi comanda davvero questo spicchio d’Occidente spiace il programma, e lascerà fare. Gli altri s’arrangino, o si sottomettano. Habemus imperator, coram populo.
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