Il ministrone del governicchio stacca la spina a Di Maio & Co Belpaese

Salvini certifica la morte a lungo annunciata del governo. Il futuro è verdeverde, ma non di speranza

Girava una vignetta ai tempi della prima Repubblica: una maestra chiedeva alla scolaresca: cosa cade in autunno? I governi, rispondevano in coro gli alunni, dietro ai quali si stagliava l’ombra sinistra del gran gobbo. L’immarcescibile Andreotti. Come e più del grande vecchio della Repubblica fu democratica, tenutario di trame portate nella tomba, Salvini ha giocato d’anticipo, certificando la morte a lungo annunciata del governo. L’uomo forte del debole governo gialloverde ha sparigliato le carte dando il là alla crisi da tempo attesa, con giubilo a destra e manca di quanti vedono come una liberazione la fine d’un governo acefalo & anomalo.

I numeri gli danno ragione: forte d’un consenso che sfiora il 40% e rievoca i fasti della miglior diccì, il ministrone del governicchio ha staccato la spina a Di Majo & Co., fidando che quel 37% di cui lo accreditano i sondaggi si trasformi nelle urne in realtà. Lasciando i Cinquestelle venti punti sotto, buoni secondi dopo il Pd, ben che gli vada, e a lui mano libera di fare quel che crede. L’accorata richiesta dei pentastellati di votare almeno il taglio dei parlamentari prima di suonare il De profundis suona come il pianto del bimbo a cui s’è fatta tottò dopo c’ha rotto il giocattolo. Poveriloro, ché in pochi mesi di malgoverno hanno ridotto Mazinga in un secchio di stracci. E poverinoi.

Quel che s’apre adesso è una fase tutt’altro che nuova, se non altro perché i gentiluomini del club Bilderberg l’hanno anticipata appena pochi mesi fa – andate a rileggere le decisioni vociferate a Montreux prima di gridare al gomblotto – e dunque avremo un bel governo verdeverde, con scampoli rosanero dei transfughi da Forza Italia e Pd, Totiani e Renziani, benedetto dai Fratelli d’Italia ai salotti buoni. Toti & Renzi già si sono portati avanti, sfasciando l’uno quel che restava delle schiere del Cavaliere; annunciando l’altro urbe et orbi per settembre l’uscita – anzi, la cacciata – dal Pd dopo averne scarnificato i resti, lasciati sul piatto di quell’anima pia di Zingaretti. Un cadavere eccellente che manco il Montalbano doc potrebbe ricomporre, ma sempre utile alla bisogna e a secondare i desiderata della Matrix europeista e dei poteri ganzi o forti che dir si voglia.

Il distinguo è qui, ma è di lanacaprina. A Salvini, se prono ai medesimi, sarà lasciato lo spazio guadagnato sotto ai riflettori del circo mediatico, libero di fare la voce grossa, lo spaccamatteo. Chiassate & chiacchiere. Atrimenti per lui è già pronto un calcio nel bugigattolo della storia, un bel ripostiglio dove riporre smargiassate e cubiste, senza manco il Dies Ire concesso ad altri arruffapopolo come Cola e Masaniello. Quanto al popolo, sovranista e non, ceti già medi e gente qualunque, si prepari. Il futuro è verde, ma non è il colore della speranza. Il bujo è oltre la siepe.


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