Omo olimpicus Qui mondo

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Perché la parodia dell’Ultima cena, o simposio degli dei, alle Olimpiadi di Parigi non ha nulla di libertario ma è funzionale al pensiero unico

A disgrace. Vergogna o disgrazia, fate voi. Così Trump ha definito la cerimonia inaugurale dei giochi olimpici all’intervistatrice di Fox news, ammonendo che con lui nella stanza dei bottoni, tale insulsaggine non si sarebbe mai vista. Tutto fa brodaglia, nella kermesse elettorale. L’intervento del presidente in pectore Usa, scampato al solito killer solitario d’America, dato testa a testa nei sondaggi con la ripescata Kamala, rinfocola la questione dell’ignobile spettacolino in mondovisione alle Olimpiadi di Parigi. L’indecorosa kermesse celebrativa ideata dal direttore artistico Thomas Jolly, decantata celebrità artistica ovviamente omo, continua a far discutere. Non è tanto questione se il genio ideatore abbia voluto con essa parodiare l’Ultima cena di leonardiana memoria o piuttosto un convivio pagano. Nonostante l’affanno dei tanti debunker e fact checker – gli sbufalatori al servizio della verità a rovescio, nel mondo al contrario – di spacciare lo spettacolino come un simposio degli dei, ovviamente transgender, la verità salta agli occhi, scritta a chiare lettere (in inglese) nel sito ufficiale olimpico.

Tralasciamo il fatto che i partigiani della versione deista s’appellino alla classicità greca e alla sua decantata libertà sessuale per perorare la causa del sordido spettacolino. A nessun greco dell’VIII secolo avanti Cristo in poi sarebbe mai venuto in mente d’associare ai giochi olimpici, apoteosi di bellezza, pace e, perché no, virilità, l’orrenda mascherata vista in mondovisione. Lasciamo da parte la questione della pace, con aggressori buoni invitati alla festa e i soliti cattivi no. E lasciamo stare la presunta libertà sessuale nella Grecia omerica: i paladini dell’ideologia woke, la sedicente sinistra globalista, dovrebbero rileggersi i classici, oltre che Marx. Ma simili letture mal si prestano allo sciocchezzajo da bar e all’idiotismo falsamente progressista.

Restiamo alla mascherata in mondovisione, sarabanda di scostumata bruttezza reificata al meglio dalla grassona che, nelle svesti d’un Cristo transgenico, rivendica orgogliosamente d’essere grassa, lesbica, ebrea eccetera. E qui Jolly ha fallato nel suo spettacolino: se l’avesse scelta pure negra sarebbe stata perfetta. Non è qui questione di semantica politicamente insulsa o d’orgoglio gay, tantomeno di revanscismo pagano. La dissacrazione è parte fondante della lotta frontale al sacro e al definito, anche eroticamente, dove la “normalità”, meglio la naturalità (e in primis la dissoluzione della famiglia, la più grave tragedia dell’umanità dai tempi della caduta d’Atlantide) è l’arcinemico da abbattere a ogni costo da parte di una minoranza che, in virtù della posizione dominante occupata nella pseudocultura veicolata dal circo mediatico, la impone diuturnamente alla massa acritica. La propensione all’orrido, più che alla bruttezza, ne è inscindibile corollario.

Così, l’ideologia transgender tracima in ogni cartone animato, concerto o spettacolo, film o sponsor; è finanche materia d’insegnamento scolastico per meglio fissarla nella mente di fanciulli, adolescenti e adulti: diviene giorno dopo giorno egemone, sia pure veicolata da una minoranza. Ripeti cento volte una bugia, trasmettila e ritrasmettila senza soluzione di continuità, e diventerà una verità. I persuasori non più occulti, alla Packard, gongolino: la vittoria è alla loro portata e i frutti marci si moltiplicano sotto gli occhi di tutti. Ovviamente tali persuasori credono d’essere nel giusto, i più esagitati credono persino d’essere veri innovatori e rivoluzionari, mentre non sono altro che servi più o meno sciocchi d’un sistema che al corno delle libertà (leggi dell’oppressione) economiche unisce l’altro corno delle libertà civili, per schiacciare, come nella manovra a tenaglia dei guerrieri Zulu, la massa del precariato ignava e quel che resta dei ceti medi, da annichilire ma non da distruggere. Almeno fino all’avvento della civiltà delle macchine, dell’inumano che si sostituirà compiutamente all’umano, al servizio di pochi eletti.

Ma lasciamo la parola a tre filosofi d’opposte tendenze, gente di penna e di cervello che ha capito il processo prima d’altri e del sottoscritto. Il primo è Pareto, noto filosofo destrorso. «La decadenza ha per sintomo principale l’indebolimento dei sentimenti virili – spiega l’autore d’una teoria delle elite – essa sviluppa inoltre gusti depravati, spinge gli uomini a ricercare nuovi e strani godimenti. Tra questi ve n’è uno che appare spesso, in tempi di decadenza. Si prova un’acuta voluttà di avvilire sé stessi, nel degradarsi, nello schernire tutto ciò che prima si credeva rispettabile». Passiamo la palla a Pasolini, icona della sinistra: «La più grave colpa della Chiesa è accettare passivamente la propria liquidazione da parte di un potere che se la ride del Vangelo». Non è un caso se la chiesa ufficiale tace, lasciando a Erdogan e ai consolati arabi, ben consci della profanazione del sacro, le proteste per la diffamazione del cristianesimo. Ennesima riprova del mondo a rovescio.

Riportiamo infine la palla al centro, per par condicio, con Fusaro. «L’epoca che lotta contro tutte le discriminazioni è quella che poi fa vanto della discriminazione e dell’odio ai danni della religione del sacro, chiamando puntualmente libertà di espressione tale dissacrazione e non riconoscendo poi egual titolo a chi usi criticare l’ordine dominante in tutte le sue sfaccettature». E ancora: «L’ultima cena rifatta in salsa arcobaleno [è] l’apoteosi del nichilismo della civiltà dei consumi, che deve distruggere ogni forma di sacertà [affinché] tutto diventi violabile, profanabile e insacrabile. Possiamo ben dire che la violazione di ogni inviolabile non ha nulla di rivoluzionario, essendo anzi la base dell’omologazione consumistica e dell’allargamento illimitato della forma merce a ogni ambito del mondo della vita». Ecco. Chiamiamola Ultima cena d’Europa, tramonto dell’Occidente se vogliamo. Ma non chiamiamo il Nuovo testamento gay – anzi, lgtb eccetera – libertà. Chi ama la libertà davvero, in tutte le sue forme, sessuali comprese, non può che lottare anima e penna contro questa nuova dittatura d’Occidente, questa impostura spacciata per diritto e progresso. Oppure no, lasciamoli fare e plaudiamo al loro progresso. Affrettiamo la fine di questa nostra (in)civiltà occidentale, che finisca anch’essa nella spazzatura della storia. Che i morti seppelliscano sé stessi, trionfi l’osceno e ogni lordura. Quando i necrofori leveranno il capo dal fiero pasto più nulla d’umano resterà d’attorno. Una bella risata liberatoria si leverà, tra il ronzìo degli automi.


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