21 apr 2017
Igor, il mostro della palude che è in noi
Il sedicente mostro che impazza nei paesi della Bassa ferrarese e sulle piazze mediatiche è un paradigma italiano, racconta chi siamo e le tre realtà del paese legale, narrato e reale
Il sedicente mostro che impazza nei paesi della Bassa ferrarese e sulle piazze mediatiche è un paradigma italiano, racconta chi siamo e le tre realtà del paese legale, narrato e reale
Cinquant’anni fa moriva Totò, principe della risata e di Bisanzio. Miseria, nobiltà e attualità di un personaggio tanto umano da essere lunare. E la sua maschera, tanto più vera in tempi di post verità
Si chiama Tap, si legge Trans adriatic pipeline. È la tratta finale di un gasdotto di circa 4mila chilometri. Un’opera ciclopica, dal Caspio alla Puglia, ideata un lustro fa per foraggiare l’Europa, l’Italia in primis, di metano proveniente dai paesi dell’Ex Unione Sovietica posti fuori dalle grinfie di Putin, col placet di Washington.
Ebbene sì, ci siamo sbagliati. Pensavamo che a un uomo d’affari – meglio, un affarista – non piacesse la guerra. Anche se gli affari grossi si fanno grazie ai conflitti, quelli certi si fanno con la pace, e l’uomo ci pareva, con tutti suoi difetti, pragmatico quanto basta per non pigiare sul bottone rosso dell’opzione militare.
Rifiuto d’ogni tradizione, pittura all’aria aperta (en plein air), mito dell’artista scapestrato e insofferente d’ogni convenzione. Questi, in pochi tratti, i punti chiave dell’impressionismo.
Tutto inizia con le luci a zigozagare sui muraglioni sbreccati dello Stadio di Domiziano. E la musica, bassa e cupa, a serpeggiare tra quel che resta del colossale palazzo dell’imperatore, ultimo dei Flavi, sul Palatino.
«Torniamo al ninfeo di villa Giulia. Quello è il posto dello Strega». La migliore battuta della serata l’ha fatta Francesco Piccolo, vincitore tra i più recenti e meno esaltanti del premio, che difatti ha strappato un applauso tra i pochi convinti della mesta serata.
È una sarabanda di suoni, voci e rumori l’avvio del tour Polvere. Una crozza di vacca appesa a una pertica, altri pali con le luminarie sbreccate della festa, spighe di grano incassate sul palco e sacchi sulle reti, a fare barriera. Muro a rappresentare gli stracci appesi sull’aja, come pure i limiti d’un terreno che non vuole intrusi, di qua a sorbire benessere o dilà...
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La sagoma scura del carrarmato campeggia sulla copertina rossa, tra le fumate delle granate, bianche come il titolo: 2017, war with Russia. Sugli scaffali delle librerie londinesi, dov’è appena uscito, fa un bell’effetto, con quei caratteri grandi e un po’ retrò, stile anni ‘70.
Il colpo d’occhio sulla mappa elettorale capitolina è impressionante. Roma si tinge di giallo, una macchia enorme. Resta al centro solo una corolla pieddina, cerchio attorniato da una marea gialla montante.