Tutto come previsto, o quasi. Alla faccia dei risultati clamorosi, come titola l’ormai ex Corrierone, che evidentemente si riferisce alle elezioni in Perù, vinte sul filo da Pedro Pablo Kuczynski sulla rivale Keiko Fujimori, data per stravincente, nessuna novità emerge dalle amministrative, rispetto a sondaggi ed exit poll. Tranne un paio di fatti rimarchevoli. Cominciamo dalla capitale, dove Virginia Raggi vince ma non convince. La candidata grillina non vola di certo, pur staccando alla grande Roberto Giachetti, l’avversario più prossimo. Dieci punti di stacco non sono pochi, sarà dura ma non impossibile rimontarli per il radical chic di fiducia governativo che aveva la mission quasi impossible di far dimenticare ai romani i guasti combinati dal Pd capitolino con Buzzi & compari e la cacciata di Marino. Sotto di lui, Giorgia Meloni non gongola di certo. Alla destra romana non resta che piangere sui cocci rotti dal Cavaliere, amminchiato a spalleggiare in extremis l’Alfio Marchini – a cui i romani consigliano giustamente di ridarsi al polo, sport in cui eccelle – dopo aver puntato sull’impresentabile Bertolaso. Piangono tutti, a destra: Marchini, che se avesse avuto il Cavaliere dalla sua dal primo momento sarebbe stato il candidato civico ideale per il generone romano. Piange la Meloni impregnata & cazzuta, ché se ai suoi voti avesse sommato quelli dell’Alfio, al ballottaggio sarebbe andata lei, e hai vistomai. Piange pure il Berlusca, alla fine, ché a Roma esce azzoppato da destri e leghisti, più che dai sinistri. Di Fassina meglio tacere, l’uomo di Monti all’interno del Pd, riciclato & spacciato come alternativo di sinistra, non ha nemmeno le lacrime per piangere.
Ma il pianto del Berlusca non tocca Milano. Sotto la Madonnina, anzi, Parisi può ridersela: ha sfiorato il sorpasso e può giocarsela pressoché alla pari con Sala, in una partita tutta da vincere per il candidato berlusconiano. Aghi della bilancia saranno i 5s, col loro modesto 10%. Se piove sul bagnato per il centrosinistra meneghino, a Napoli addirittura fuori dai giochi al primo colpo, non così a Torino e Bologna. Anche se i grillini sono andati meglio del previsto sotto la Mole e il Pd peggio del previsto sotto le Due torri, il buon esito appare scontato per i renziani. Giochi già fatti pure a Cagliari e Trieste, gli altri due centri d’un certo peso al voto, utili come barometro politico: 1-1 tra centrodestri e centrosinistri, e palla al centro. Che dire, dunque? Aspettando i risultati nei 1.300 comuni dove si è votato, per il premier non sembra scattato l’“ora pro” Renzi. Ma un campanello d’allarme è suonato, in attesa dei ballottaggi e della partita vera che si giocherà al referendum d’autunno. Specie se non dovesse spuntarla il suo buon Giac a Roma, dato per sindaco dal premier (che a st’ora si sta arcitoccando). Certo è che alla sua sinistra è il deserto, davanti il diluvio. Tra raggi e piovaschi, non sai cosa metterti per non finire arrosto o affogato al cambio di stagione.
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