Un seguito incoerente e poco riuscito quello del ritorno alla regia di Renaud ma che vale comunque il prezzo del biglietto e preannuncia incassi record
Un seguito incoerente e poco riuscito quello del ritorno alla regia di Renaud ma che vale comunque il prezzo del biglietto e preannuncia incassi record
Il patriarcato (che non c’è) ai tempi del transfemminismo. Perché una sagra delle banalità come l’opera prima della Cortellesi è il film più visto del 2023
C’erano una volta le rivoluzioni colorate. Democratiche, spontanee. Dovevano aprire la strada alla libertà nei paesi dell’Est, eliminando uno a uno tristi despoti sopravvissuti al tracollo del comunismo, da Belgrado a Kiev, col marchio di qualità serbo Octopor e il mancorrente Cia.
Se c’è uno che incarna il motto chi la dura la vince, è lui. Vent’anni e una quantità inimmaginabile d’intoppi dopo, Terry Gilliam è riuscito a finire una pellicola che divide la critica e può dirsi un capolavoro, se non farà la fine dei suoi flop al botteghino, vedi Il barone di Munchausen o Il mondo capovolto, missing in Italy.
Diciamolo subito: Loveless è un gran film, durissimo e bellissimo, e se l’avete perso è un gran peccato. Andrej Zvjagincev (o Zvyagintsev, se scopiazzate la traslitterazione anglosassone) si conferma regista puro e duro, e bene ha fatto la giuria dei Golden globe a premiarlo per il suo ultimo lavoro, Neljubov (senza amore, appunto), come già il suo precedente Leviathan, nel 2015.
Mettete insieme un pubblicitario e un disegnatore francesi di grido, un regista italoscozzese con la faccia da prete e padre napoletano dalle mani in pasta nella pizza, come d’uopo, in quel di Glasgow, e fatene un film. Un’opera seconda, quella d’Armando Iannucci, tratta da un fumettone – graphic novel, come suol dirsi – dal titolo d’antan: La mort de Staline.
Christian ha tutto, o quasi. Un lavoro strepitoso – curatore d’un museo d’arte contemporanea ricavato nientemeno che dall’ex palazzo reale di Stoccolma – una casa di design e una bella macchina, ovvi corollari al suo stato sociale.
Italiani a Cannes/3. Il racconto di Matteo Garrone, una fiaba per adulti che non convince ma con buone chances per il terzo Grand prix
Italiani a Cannes/2. Non è facile affrontare La giovinezza. Non è facile se la palpebra cala dai primi minuti e non sai se è per l’insostenibile lentezza del girato o quel grappino che non aiuta a tenerla aperta
Italiani a Cannes/1 L’ultimo Moretti capofila della pattuglia che approda alla Croisette. Più che d’autore, un film vecchio. Ma ai francesi piacerà