Distratti dal coronavirus e dalla caccia a Salvini, i media italioti non si sono accorti d’un paio di fatti che ci riguardano da presso.
Distratti dal coronavirus e dalla caccia a Salvini, i media italioti non si sono accorti d’un paio di fatti che ci riguardano da presso.
Neanche il tempo d’affossare la fake proof del caso Skripal – che, pare, gode di ritrovata salute con la figlia in quel di Salisbury – che una ben più consistente fake news a base di gas nervino riesplode in Siria, a rischio d’affossarci tutti.
Mosul ultimo atto. Mosul sta per cadere. Scontro finale a Mosul. Sono mesi che la martoriata capitale del Kurdistan iracheno sta lìlì per cascare, nei titoli dei media e nei proclami degli assedianti.
Ebbene sì, ci siamo sbagliati. Pensavamo che a un uomo d’affari – meglio, un affarista – non piacesse la guerra. Anche se gli affari grossi si fanno grazie ai conflitti, quelli certi si fanno con la pace, e l’uomo ci pareva, con tutti suoi difetti, pragmatico quanto basta per non pigiare sul bottone rosso dell’opzione militare.
L’attesa è finita per una nuova avventura dell’Italia in Libia. Dopo mesi di tira e molla sembra suonata l’ora x per il contingente italiano che dovrà dare una mano per la messa in sicurezza del paese, come tutti fuorché i diretti interessati vogliono.
La Siria è andata al voto per la seconda volta dall’inizio della guerra civile, ma non se ne parla. Quasi cinque milioni di persone hanno votato, sui quasi nove di aventi diritto, in 10 delle 14 province del paese in guerra da cinque anni, eppure la notizia è passata sotto silenzio.
Venerdì scorso, la sera di Bruxelles era attraversata dagli echi di due colonne di sirene.
È tornata una calma apparente a Ben Gardane, dopo un giorno di fuoco e una notte di coprifuoco che hanno lasciato più di cinquanta morti sul terreno. La quiete dopo la tempesta, anche se la bufera è di là da venire, in Tunisia. Col confine libico a un passo, indifeso da una barriera di filo spinato e sabbia.
A raccontarla meglio sono le vignette. Quella di Patrick Chappatte, illustratore francese di base a Genova, dove un tank turco infila il cannone sotto la sabbia, a suggere petrolio, mentre Kobane brucia. O l’altra dove un Erdogan mascherato da ladro promette aiuti ai siriani mentre fa bottino dei loro beni.
La pugnalata di Erdogan alla schiena di Putin ricorda, un po’ alla lunga, l’altra sferrata da Bruto al padre putativo che voleva farsi imperatore di Roma. Seconda per doppiezza a quella della Buonanima che pugnalò alle spalle la Francia per non arrivare tardi al banchetto della vittoria.