Cara commare / ci siamo sfiorati / in anni lontani / nell’acque di Circe / nella Krajna di sangue / sulla sierra cubana /
Cara commare / ci siamo sfiorati / in anni lontani / nell’acque di Circe / nella Krajna di sangue / sulla sierra cubana /
Aveva sette vite – privilegio che un tempo s’accordava ai gatti – ma alla fine anche l’ultima l’ha lasciato.
Non abbandonate la speranza. Mai. Dice così un rigo del testamento di Lorenzo Orsetti. Guerrigliero andato a combattere e morire tra le file dell’Ypg, l’esercito di liberazione del Pkk, il partito comunista curdo, nell’ennesima ultima roccaforte dell’Isis, a Baghuz, appena liberata.
Neanche s’è freddata la salma di Philip Roth e già è partito il peana: è morto un gigante della letteratura privato del Nobel.
Se n’è andato un grande vecchio. Tra gli ultimi registi dell’immenso cinema italiano, Ermanno Olmi (Bergamo, 1931) se n’è andato quattoquatto, dopo una malattia che l’aveva già segnato negli anni ’80 ed è tornata a riprenderselo nell’ospedale di Asiago, trascinandoselo con la commare secca a 86 anni.
Mettete insieme un pubblicitario e un disegnatore francesi di grido, un regista italoscozzese con la faccia da prete e padre napoletano dalle mani in pasta nella pizza, come d’uopo, in quel di Glasgow, e fatene un film. Un’opera seconda, quella d’Armando Iannucci, tratta da un fumettone – graphic novel, come suol dirsi – dal titolo d’antan: La mort de Staline.
Non è facile avere a che fare con la morte, soprattutto se è quella di un amico. Alessandro Kokocinski se n’è andato, un freddo mattino di dicembre, digrignando i denti alla commare secca che è venuta a prenderselo, fregandosene di quel che gli restava da fare, e alla vita a cui aveva ancora molto da dare.
Per le generazioni di studenti delle superiori che hanno studiato la storia sui suoi testi, ma anche per quelli che si sono limitati a scarabocchiarne la copertina rossa per un trentennio, era un’istituzione.
Cinquant’anni fa moriva Totò, principe della risata e di Bisanzio. Miseria, nobiltà e attualità di un personaggio tanto umano da essere lunare. E la sua maschera, tanto più vera in tempi di post verità
Gianroberto Casaleggio se n’è andato per un ictus, ieri a Milano, nella città in cui era venuto al mondo il 14 agosto di 61 anni fa, e i più sono venuti giù dal pero alla notizia.