Ottant’anni fa, Hitler tentava l’operazione Cittadella in Russia. Oggi ci riprova Zelensky, col supporto Nato. Perché, situazione sul terreno e prospettive dell’offensiva ucraina
Ottant’anni fa, Hitler tentava l’operazione Cittadella in Russia. Oggi ci riprova Zelensky, col supporto Nato. Perché, situazione sul terreno e prospettive dell’offensiva ucraina
Giorno verrà in cui alle persone di una qualche intelligenza sarà tolto il diritto di parola per rispettare il pensiero degli imbecilli, cioè della maggioranza, in nome della tolleranza. Così profetizzava Dostoevskij, un pajo di secoli fa.
La prima cosa giusta l’ha detta lo speaker del G7 al termine della riunione d’urgenza, quando già i missili fioccavano sull’Ucraina: Putin si è messo dalla parte sbagliata della storia. Poi tutti a sanzionare di brutto il barbaro moscovita.
I musulmani uiguri sono dei simpaticoni. Girare in una delle cittadine del Nordovest della Cina dove pullulano con le loro scoppolette bianche, coi loro carretti e le loro friggitorie, nei mercatini dove dai grilli fritti agli scorpioni in salamoja non ti manca niente, è un piacere per gli occhi prima che per il palato.
Distratti dal coronavirus e dalla caccia a Salvini, i media italioti non si sono accorti d’un paio di fatti che ci riguardano da presso.
Al di là dei nuovi poteri che la Duma gli concederà, altre sono le paure e i pericoli per l’Occidente.
L’uomo è lì, tronfio e imbolsito, più simile a un pippobaudo che all’icona del duro costruita in un ventennio di potere quasi assoluto. Neppure troppo virile col suo cappuccio di pelliccia nel gelido inverno russo, ma più che mai vincente.
Diciamolo subito: Loveless è un gran film, durissimo e bellissimo, e se l’avete perso è un gran peccato. Andrej Zvjagincev (o Zvyagintsev, se scopiazzate la traslitterazione anglosassone) si conferma regista puro e duro, e bene ha fatto la giuria dei Golden globe a premiarlo per il suo ultimo lavoro, Neljubov (senza amore, appunto), come già il suo precedente Leviathan, nel 2015.
La sagoma scura del carrarmato campeggia sulla copertina rossa, tra le fumate delle granate, bianche come il titolo: 2017, war with Russia. Sugli scaffali delle librerie londinesi, dov’è appena uscito, fa un bell’effetto, con quei caratteri grandi e un po’ retrò, stile anni ‘70.
La pugnalata di Erdogan alla schiena di Putin ricorda, un po’ alla lunga, l’altra sferrata da Bruto al padre putativo che voleva farsi imperatore di Roma. Seconda per doppiezza a quella della Buonanima che pugnalò alle spalle la Francia per non arrivare tardi al banchetto della vittoria.