Tra misteri eleusini e bizantinismi, una chiave di lettura della crisi greca
Alzi la mano chi, dopo l’improvvisa (improvvida?) uscita di Alexis Tsipras dalla scena politica greca, con le dimissioni e le elezioni annunciate a settembre, non si sia sentito un minimo confuso. Ricapitolando: a gennaio, pochi mesi fa, Tsipras stravince le elezioni e la sinistra di Syriza manca di un soffio la maggioranza assoluta al parlamento ateniese. La Grecia diventa il baluardo d’una sinistrata sinistra europea e di quanti pensano che l’Europa dell’euro non debba per forza parlare tedesco. Il neopremier ha dietro di sé un consenso inimmaginabile, un credito smisurato, alle sue spalle c’è un intero paese che resiste ai diktat europei, come dimostra ancora la vittoria al referendum di luglio. Da allora accade l’inimmaginabile. Varoufakis, in prima fila nel no alla Troika, si dimette, ma si pensa che ciò sia un prezzo pagato all’Europa dei banchieri come merce di scambio. Invece, nell’arco di pochi giorni tutto precipita. Viene rinegoziato un debito a condizioni peggiori delle precedenti, col solo fine di reiterare un prestito capestro sine die a un paese privo di risorse e costretto a svendere porti e infrastrutture, per tirare a campare. Il partito va in frantumi, come il consenso popolare. Come l’ultimo degli apprendisti stregoni, Tsipras abbandona dopo aver seminato il caos, rinnegato le ragioni per le quali è stato eletto e portato al potere.
Una metamorfosi kafkiana apparentemente inspiegabile, la sua, che può essere letta richiamandosi ai misteri eleusini della tradizione greca. Narra il mito che Persefone, figlia di Demetra (cioè della Terra), rapita da Ade, re degli inferi, riesca a scampare al suo triste destino per tornare dalla madre. Un ritorno che si risolve in un fifty-fifty (metà dell’anno nell’Aldiqua, dove porta la bella stagione, è metà nell’Aldilà, con la morta stagione). Tutto ciò rappresenta il fulcro dei misteri eleusini, religione protostorica che diventa storica con la diffusione da Eleusi alla Grecia classica, dopo la conquista ateniese, e fa della discesa, ricerca e ascesa dal mondo dei morti il suo ciclo principale. Un tema immortale, che solo Alarico coi suoi Visigoti riuscirà a spazzare dalla faccia della storia, prima di dedicarsi al sacco di Roma.
Se alla chiave di lettura dei misteri ultramondani si uniscono i bizantinismi in uso ad Atene – non meno che a casa nostra – si può fornire una sincretica chiave di lettura. Dal caos seminato Tsipras spera ancora di ricavare un utile, per sé e il suo paese. Forte di un consenso che reputa saldo – e con lui la mezza Europa che conta – l’ex nemico dei banchieri europei divenuto il miglior garante dei loro affari si appresta a tornare in sella dopo una campagna lampo, alla testa di un partito depurato dagli estremisti dell’oxi puro e duro ma piuttosto simile a quel partito della nazione di renziana utopia. Cavalcando l’ultima tranche dei quattro spicci avuti dalla banca centrale dell’Ue e fidando in una opposizione inesistente, di destra o sinistra che sia, può farcela. I soli a sbarrargli il passo potrebbero essere i neonazi di Alba dorata, ma con i loro capi in prigione e un movimento che non acchiappa un euro di contributi elettorali, è difficile che si possa vedere una Monaco in salsa greca. Il suo programmino terra-terra ma pieno di vacui paroloni lanciato dalla tv di stato alla fine potrebbe contentare tutti.
Restano i misteri. Di come una sedicente sinistra possa produrre siffatta progenie, destinata a far innamorare e lasciare il suo pubblico (pardon, elettori) in un amen. Lo stesso che seppellirà la Grecia, e noi tutti. A meno che Persefone-Tsipras non riemerga dall’Ade in cui si è calato riportando in dono ai suoi figli la primavera promessa. Misteri, appunto. Ma i Goti sono alle porte e, com’è storicamente noto, dopo le mura di Atene è a Roma che guardano.
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